DALLE TECNICHE DI GUERRA DEL'800 AI SISTEMI ANTI TERRORISMO MODERNI

Di: Francesco Zanardi

  • 7 mag. 2015

Qualche mese fa, mentre stavo passeggiando per Washington, mi è capitato di imbattermi in uno dei tanti monumenti alla Guerra d’Indipendenza del 1776, dedicato a un certo Barone Friedrich von Steuben. Li per li, le mie reminiscenze storiche non ricordavano questo nome tra i Generali più famosi di quella guerra, ragione per cui mi sono soffermato a leggere la stele sottostante con una certa curiosità, anche per capire come mai a questo tale “von Steuben” gli è stato dedicato un bel monumento in un parco cittadino…

Il Barone Friedrich von Steuben, nome completo Friedrich Wilhelm Ludolf Gerhard Augustin von Steuben, nacque a Magdeburgo (allora Prussia) il 17 settembre 1730. Partecipò come Ufficiale alla Guerra dei Sette Anni e malgrado il risultato vittorioso di quella guerra, restò presto “disoccupato” a seguito della smobilitazione di una buona parte dell’esercito. Pochi anni dopo, von Steuben venne presentato a George Washington, con una referenza di Benjamin Franklin, come "Tenente Generale al servizio del Re di Prussia", un'esagerazione in buona fede delle sue credenziali, che derivava però da un'errata traduzione dal tedesco. Il 1 dicembre 1777, il Barone raggiunse Portsmouth, nel New Hampshire e il 23 febbraio successivo arrivò presso i quartieri di Valley Forge, dove 11.000 soldati americani si erano trincerati per riorganizzarsi e superare (in qualche modo) l’inverno. Qui Friedrich von Steuben diede prova delle sue considerevoli capacità, tipicamente prussiane, di addestramento e riorganizzazione delle forze armate. Scrisse il “Revolutionary War Drill Manual”, manuale militare che fu il principale testo sull’addestramento dell'esercito statunitense sino alla successiva guerra del 1812.
I concetti tecnici sull’addestramento di von Steuben avevano l’obiettivo di creare un reparto d’istruzione di 120 uomini, che a loro volta avrebbero formato dell’altro personale similare a livello di Reggimento e di Brigata. Introdusse, per la prima volta nell’esercito americano, un programma di addestramento di evoluzione progressiva per i soldati, che iniziava con la formazione prima senza armi e terminava con delle esercitazioni a fuoco a livello di intero reparto. Diversamente da quanto fatto sino ad allora, ogni Comandante di Compagnia era responsabile dell'addestramento delle reclute, ma l'istruzione era condotta esclusivamente dai Sergenti provenienti dalla Compagnia di formazione.
Von Steuben creò anche degli accampamenti sanitari (che perdureranno nell'esercito americano sino al secolo successivo) e introdusse, al pari delle Legioni Romane, il concetto di realizzare degli accampamenti stabili durante la conduzione di campagne militari, dove le cucine e le latrine dovevano trovarsi agli antipodi nell’accampamento, con i servizi igienici situati nella parte più bassa del campo.
Durante l'inverno del 1778-1779, von Steuben elaborò un altro testo, il “Regulations for the order and discipline of the troops of the United States”, il primo regolamento disciplinare del neonato Esercito Americano.
Pur partecipando marginalmente alla sola battaglia di Yorktown, fu Capo di stato maggiore dell'armata di George Washington negli anni finali della Guerra d'Indipendenza Americana.
Abbandonò la carriera militare con onore il 24 marzo 1783 e morì negli Stati Uniti d’America nel 1794.

In pratica Friedrich von Steuben si “guadagnò” un monumento, solo per le sue capacità organizzative in termini di formazione, addestramento e concezione della struttura logistica che un esercito doveva avere. Von Steuben trasformò un’armata di agricoltori, commercianti, artigiani e cacciatori in un vero esercito, la base di quello che è oggi l’esercito più potente del mondo.
Questo preambolo, non significa che anch’io spero in un monumento (i miei sogni sono ben altri, più umili e “terreni”), ma serve per farvi capire quanta importanza viene data ancora oggi all’addestramento negli Stati Uniti d’America e ad introdurre l’argomento del testo.

L’addestramento all’irruzione in uno stabile.

Due premesse:

1° Quanto di seguito non ha la pretesa di essere le “tavole della bibbia” sull’argomento, voglio che questo sia ben chiaro, ma è una delle procedure formative utilizzate in ambito militare, l’unica di cui abbia una piccola esperienza – n. d. a.

2° Per attuare queste tecniche con le armi bisogna “saperci fare” e non lo dico così per dire, ormai mi conoscete.

Prima di tutto è necessario leggere il mio precedente articolo denominato “Prima di entrare” e guardare attentamente il file ppt “tecniche di Close Quarter Battle – C.Q.B.”, gentilmente fornitomi dal amico Eros Gelfi, che troverete qui nel mio spazio.
Dopo che avrete letto l’articolo e osservato il file ppt arriviamo all’argomento di questo articolo.
Rimarcando quanto già espresso, le tecniche d’irruzione in un ambiente chiuso sono senza dubbio le più pericolose che un normale Operatore di polizia debba affrontare. Dico “il normale Operatore di polizia” perché l’irruzione all’interno di uno stabile è un’attività molto più frequente di quanto si possa immaginare e la maggior parte di queste operazioni vedono coinvolti proprio i “normali Operatori di polizia”.
In precedenza abbiamo visto le tecniche, ora vediamo come ci si addestra per effettuare queste tecniche.
Il mio articolo e il file ppt che ho richiesto di leggere mostrano il prodotto finito, si entra così, ci si muove così… eccetera, certo, tutto ok, ma come arriviamo a sincronizzare il movimento di ogni operatore, come ci abituiamo istintivamente alla percezione dell’area di responsabilità e del campo di tiro?
Prima di tutto chiariamo un punto importante. La sincronizzazione ideale tra i movimenti di tutta la squadra si può ottenere solo se si lavora sempre con le stesse persone, in modo che ognuno conosca il comportamento sotto stress di ciascuno.

Questo aspetto è FONDAMENTALE!

In un’irruzione i ruoli si possono invertire e ognuno deve essere in grado di subentrare a un altro, quindi la conoscenza e la fiducia reciproca sulle rispettive capacità e sulle reazioni di ciascuno è importantissima per la buona riuscita dell’operazione. Ognuno deve sapere cosa fare a secondo della situazione.
Ecco perché l’argomento di questo testo è indirizzato più a una squadra di persone che lavorano insieme quotidianamente, che non al singolo Operatore.

Ambientazione:

Definire l’ambiente è una delle cose più difficili. Irrompere in un appartamento richiede procedure e azioni diverse rispetto ad una singola stanza e ancora più diverse sono quelle necessarie per entrare in una fabbrica o in un magazzino. Allo stesso modo ci sono appartamenti con ambienti e stanze in disposizioni diverse tra loro, così come esistono centinaia di stabili adibiti per le più disparate attività, con al loro interno ogni genere di strutture, mobili e suppellettili.
Riprodurre tutti questi ambienti in un’area addestrativa è impossibile, lo stesso Hogan’s Halley del F.B.I. riproduce sono una porzione di un quartiere, con delle ambientazioni quasi sempre uguali.
Quindi è necessario addestrarsi per acquisire delle tecniche e delle procedure standard, che si possono adattare alla maggior parte delle situazioni.
La cosa più importante è però quella di non irrompere mai in un ambiente alla cieca, ma bisogna cercare di raccogliere più informazioni possibili, nel più breve tempo possibile, prima di agire. In questo modo le procedure acquisite si potranno adattare alle necessità del momento.
Questo è importante per la buona riuscita di tutta l’operazione.
Le chiavi del successo di un‘irruzione sono tre: Sorpresa – Velocità – Azione violenta.
Non è detto che sia necessario sparare, ma essere pronti e determinati a combattere è imperativo se si vuole sopravvivere.
Tutte le seguenti fasi vanno effettuate più volte intensamente.

Prima fase dell’addestramento - in bianco:

L’ingresso va provato prima singolarmente da ogni operatore, in base a quello che sarà il suo incarico primario e la sua azione deve essere seguita da un Istruttore per ogni discente, in modo da osservarne il comportamento, correggerlo e affinarlo. Acquisire la coordinazione dei movimenti può sembrare banale, ma muoversi rapidamente in una stanza, dove possono essere necessari dei cambi di direzione e nel contempo individuare e focalizzare l’attenzione su ciò che può essere la fonte dei pericolo (una o più), in un ambiente praticamente sconosciuto, non è una cosa così facile e istintiva come si pensa. Se si vuole fare una prova, basta effettuare due percorsi di tiro, diversi tra loro, uno a vista dove si ha la possibilità di osservare la posizione delle sagome da colpire e l’altro alla cieca, dove si accede solo attraverso un’apertura senza sapere cosa c’è dietro.
In seguito, quando i discenti avranno acquisito una buona capacità di movimento, si potrà incominciare a procedere ad un addestramento a coppie, sino ad arrivare ad agire in squadra, dove ogni operatore manterrà inizialmente sempre il suo ruolo.
Una volta che ognuno avrà capito e appreso i propri compiti si passerà ad invertire i ruoli, in modo da preventivare le reazioni di ciascuno, nel caso di un imprevisto che metta fuori gioco uno degli Operatori. Non necessariamente deve essere un ferimento, ma anche una colluttazione con un “nemico” troppo vicino al punto d’ingresso, o una persona innocente da allontanare.
Anche in questa fase sarebbe necessaria la presenza di un numero di Istruttori pari al numero dei discenti. In questo modo anche loro potranno osservare tutta l’azione da diversi punti di vista e, interagendo tra loro, affinare ancora di più le procedure.

Seconda fase – force-on-force:

Nella seconda fase si ripete di pari passo quanto fatto nella prima.
Subito all’inizio le sagome “cattive” saranno sempre rappresentate da bersagli di cartone, in modo da familiarizzare un attimo con le air munition (o simili, anche le soft-air vanno bene) che si stanno utilizzando e prendere coscienza delle difficoltà che comporta il tiro in movimento. Perché quando si entra in una stanza ci si muove sempre, anche quando si spara. Dietro a voi ci sarà probabilmente un vostro compagno che vi segue e vi copre. Se ci si ferma per prendere la mira si dovrà fermare anche lui e questo farà venire meno uno degli aspetti psicologici che comporta un’irruzione e vi renderà un facile bersaglio.
In seguito, le sagome “cattive” saranno sostituite da uno o più istruttori, che reagiranno alla stregua di “nemici”, nel pieno rispetto dell’addestramento force-on-force. Inutile dire che già così l’adrenalina nei partecipanti salirà considerevolmente.

Terza fase – a fuoco:

Quanto fatto nelle prime due fasi si ripete anche nella terza. Prima da soli, poi in coppia e in ultimo in squadra.
Ora però stiamo utilizzando delle armi vere. Nulla deve essere lasciato al caso o all’improvvisazione nelle nostre reazioni. Già gli imprevisti ci saranno nella realtà dei fatti e in tale caso si dovranno improvvisare le azioni, non c’è più spazio per improvvisare le nostre reazioni.
Con le armi da fuoco si inizia sparando un solo colpo a bersaglio, che all’inizio sarà uno solo, per poi osservare cosa è successo. In seguito si passerà a due colpi, sino a salire a quanti colpi saranno necessari per neutralizzare il bersaglio. Successivamente si passerà ad ingaggiare più bersagli, seguendo sempre i criteri dell’ordine di pericolosità, ossia, prima il più vicino e poi, a seguire, i più distanti. L’utilizzo di specifici bersagli abbattibili (non in metallo, troppo pericolosi per le brevi distanze in cui si dovrà agire) sarebbe la cosa migliore, ma questo tipo di bersagli non sono sempre reperibili o realizzabili.
In questa fase il ruolo degli Istruttori, che ovviamente non si troveranno nella stanza (avere una struttura con il soffitto in vetro antiproiettile, con gli istruttori sopra ad osservare, come ho visto in un filmato, sarebbe troppo bello), sarà complicato dal fatto di dover seguire i discenti seguendoli direttamente e/o da punti di osservazione retrostanti, in zone di sicurezza.

Quarta fase – persone innocenti e altri imprevisti:

Una volta raggiunte delle spiccate capacità reattive, si possono introdurre quelle variabili che abbiamo accennato prima. Infatti, sin ora abbiamo parlato solo di bersagli ostili, gli unici presenti in tutte le tre precedenti fasi, insieme ai “buoni”, posizionati all’interno della stanza, in modo da riconoscere ed individuare gli effettivi obiettivi pericolosi.
Adesso è anche il momento di inserire nell’ambientazione anche delle altre variabili. Ad esempio, si spalanca la porta è davanti a noi c’è un bambino (ovviamente rappresentato da un manichino o da una sagoma), o una signora anziana, o un cane… e via dicendo, in questi contesti è palese che il primo operatore non potrà agire subito come di consueto e quindi sarà necessario che il secondo operatore subentri nel suo ruolo. Oppure si apre la porta e davanti a noi c’è una bella libreria open air, o un corridoio e non una stanza, o magari hanno costituito una parete in cartongesso che separa l’ambiente.
Ecco perché l’adattarsi all’istante per raggiungere lo scopo, quindi preparazione, reattività e flessibilità mentale sono capacità che ogni Operatore deve avere.
Vi racconto un breve episodio personale; Alcuni anni fa, in un appartamento di una casa di ringhiera di Pavia, un giovane tossicodipendente aveva aperto tutti i rubinetti della cucina a gas e si era messo a lanciare mobili e altri suppellettili dal bancone, brandendo occasionalmente un coltello o anche degli altri oggetti contundenti. Tagliando corto il racconto, decidemmo di irrompere nell’appartamento. Io dovevo rompere i vetri di una finestra come azione diversiva, mentre gli altri tre avrebbero sfondato la porta per immobilizzare il giovane e chiudere il gas.
Sta di fatto che la porta non si sfondò, ma invece si spalancò la finestra, esattamente il contrario di ciò che doveva succedere. Il risultato fu che io, che dovevo entrare per ultimo entrai per primo, proprio dalla finestra, seguito quasi subito dagli altri attraverso il nuovo punto d’ingresso. Questo per farvi capire quanto sono mutevoli certe situazioni. (Chi è curioso di sapere cosa successe poi, sappia che quel giovane perse ogni velleità e corse a nascondersi dentro un armadio. Il tutto si risolse nel migliore dei modi). Pensate se oltre al giovane in casa ci fosse stata anche la madre anch’essa affetta da problemi psichiatrici!

Dettagli tecnici:

Quando entra il primo operatore si dovrebbe indirizzare verso il lato più “pesante”, come usano dire gli esperti, cioè dove è più probabile la minaccia, in modo da serrare le distanze e complicare quella che potrebbe diventare un’azione di contrasto da parte del “nemico”. In questo modo l’ingresso del secondo Operatore, che si porterà in un’altra direzione, ma comunque di supporto al suo compagno, costituirà un elemento di distrazione per gli “ostili” e “alleggerirà” il primo Operatore da una parte dell’azione di contrasto diretta LUI contro. Così avverrà anche con l’ingresso degli altri Operatori. Questo perché…

Aspetti Psicologici di un’irruzione:

Nel momento in cui il primo Operatore entra dalla porta e si sposta lungo un lato, istintivamente l’attenzione delle persone presenti nella stanza si focalizza su di esso e solo l’ingresso del secondo Operatore distoglie l’attenzione di una parte dei presenti. Se l’ingresso e lo spostamento dei due operatori avviene verso due direzioni diverse, l’attenzione di coloro che stanno osservando il secondo operatore sarà tale che non vedranno più sino a dove si è spostato il primo Operatore e viceversa.
In seguito l’entrata degli altri operatori passerà quasi inosservata, o comunque le persone presenti nella stanza avranno delle difficoltà nel focalizzare l’attenzione su di loro. Questo perché la distrazione prodotta dai primi due Operatori genera un’amplificazione del senso di pericolo, disturbando la capacità percettiva dei presenti verso gli altri che entrano. Questi effetti sono ulteriormente amplificati se in concomitanza dell’ingresso gli Operatori generano delle ulteriori azioni diversive (ad esempio, l’impiego delle granate flash-bang da parte dei Reparti Speciali è dettato proprio per questo motivo). Anche la semplice intimazione di non muoversi, emessa a gran voce, ha la semplice funzione di intimorire gli interessati.

Congelamento:

Contrariamente a quanto visto nei filmati dell’irruzione della Polizia francese nel supermercato di Parigi, in cui un estremista islamico teneva in ostaggio numerosi clienti e dove tutto è andato quasi a buon fine, quando si irrompe in un immobile gli operatori entrano tutti di slancio e da li dentro non esce nessuno sino a che tutti i presenti non sono stati controllati ed identificati. Nel 1980, a Londra, quando il SAS irruppe nell’ambasciata iraniana occupata da dei terroristi, uno di essi cercò di fuggire mischiandosi agli ostaggi. Venne abbattuto sulle scale mentre stava per innescare una granata. Esattamente l’opposto di quanto è successo a Parigi più di trent’anni dopo.
Il motivo perché gli operatori entrano tutti pronti allo scontro e già stato definito. Il motivo perché non deve uscire nessuno è presto detto: Se le necessità lo impongono tutte le persone presenti vanno fatte stendere a terra, perquisite e identificate. Questo è l’unico modo per evitare che eventuali “ostili” possano fuggire insieme alle persone innocenti, o continuare un’eventuale azione offensiva, anche suicida.
Se ricordate le immagini di Parigi con quelle donne in fuga in mezzo agli Agenti, cosa sarebbe successo se una di loro indossava una cintura esplosiva e… lascio la risposta alla vostra immaginazione.
Quindi simulare in addestramento anche questa fase non è sbagliato, in questo modo nulla sarà lasciato al caso.
Durante il controllo e l’identificazione dei presenti, solo una parte degli operatori procedono al controllo delle persone, gli altri restano in copertura di quelli che stanno effettuando il controllo, rispettando i propri campi di tiro a secondo della loro posizione nell’immobile e mantenendo sotto controllo tutta l’area.

Nota conclusiva:

Ora è evidente che una tale forma di addestramento non si può certo concentrare in un'unica lezione e tanto meno si può condensarla in una scampagnata di fine settimana. Certo non è facile inserire tali procedure nei programmi di addestramento di un qualsiasi Ente, ma spesso è una questione di volontà.
A Pavia, dove svolgo servizio, io ed altri Istruttori di Tecniche Operative, siamo riusciti ad inserire nelle specifiche lezioni di questa tematica l’addestramento force-on-force, con risultati più che ottimi e se pur il mio ruolo è stato poi marginale (io sono un Istruttore di tiro), devo dire che esser stato il promotore di questa iniziativa e vedere come i colleghi discenti hanno accolto questa nuova evoluzione nella loro formazione mi ha fatto veramente piacere. Come anni or sono, nella nostra sezione della Squadra Mobile ci operavamo per addestrarci autonomamente ad irrompere in un immobile, con risultati sempre positivi quando capitò di mettere in pratica quanto provato, mi fa oltre modo piacere notare che l’impegno dell’epoca è poi tornato utile anche per l’attività di formazione.

Francesco Zanardi